Di Karola Sicali | 4 Ottobre 2023
Se per i gastrofighetti “popolare” è sinonimo di sciatto e povero, allora anche la cucina della nonna non va più bene ai giorni nostri?
Viviamo nell’epoca dell’abbondanza, in un tempo in cui tutto sembra essere possibile se lo si vuole. Pure raccogliere a mani nude il sale rosa dell’Himalaya nelle miniere saline di Khewra, in Pakistan, in nome della qualità sopra ogni cosa. Se è vero però che una certa attenzione e consapevolezza alimentare non guasta mai – in parole “povere“, va bene sapere cosa si porta a tavola e perché – dall’altra, pontificare facendo di tutta l’erba un fascio è un errore, ingenuo si intende, di presunzione che pecca di distacco dalla realtà.
Parafrasando Amleto, ci sono più cose in cielo e in terra gastrofighetti di quanto ne sogni la vostra filosofia. Insomma, per quanto possa essere sinceramente appagante e soddisfacente studiare nel minimo dettaglio tutte le ricette settimanali o ancora reperire sempre e comunque materie prime di una certa qualità, nel mondo reale questa analisi culinaria si perde strada facendo per una serie di ragioni. La prima sicuramente economica. L’inflazione degli ultimi mesi, gli stipendi stagnanti e il caro vita generalizzato non hanno fatto altro, se non dimostrare come oggi con “soli” 50 euro sia difficile riempire a metà il carrello della spesa.
La seconda, invece, è più pratica. Se si passa tutto il giorno fuori per lavoro, non si ha di certo il tempo di preparare da zero la pasta sfoglia o il pane con ingredienti genuini. Ma non solo. Oltre alle energie, manca la voglia, prosciugata dal tran tran quotidiano fatto di stress, bimbi da portare in giro e scadenze da rispettare in ufficio. Ed è proprio qui che entra in gioco Benedetta Rossi con la sua solidissima community di 4,5 milioni di follower solo su Instagram. A dimostrazione del fatto che la food blogger marchigiana ha saputo fare della semplicità – e perché no dell’economia – il suo marchio di fabbrica in qualsiasi circostanza.
A difesa della vanillina e non solo: quando la cucina diventa lotta di classe
E così, tra un gelato furbo, una sfoglia giù pronta per ottimizzare i tempi ai fornelli, un pan di Spagna con l’inganno del lievito e tonno in scatola a tradimento, il magazine Dissapore negli scorsi mesi ha avuto da ridire su alcune delle ricette più gettonate e famose della Rossi accusandola di promuovere una cucina a basso costo con prodotti da discount poco consoni al suo ruolo istituzionale di “divulgatrice culinaria“. Ma è davvero così che stanno le cose?
Dopo l’articolo di Dissapore, infatti, perfino la Rossi, che per sua stessa ammissione non ha mai replicato alle critiche, ha sentito l’esigenza di difendere le persone che ogni giorno si affidano a lei per portare un pranzo e una cena completa a tavola. Ma non solo. Anche Antonella Clerici in diretta a “È sempre mezzogiorno” qualche mese aveva preso apertamente le difese della foodblogger, criticando aspramente i cosiddetti gastrofighetti: “Non se ne può più perché la cucina non deve essere snob ma pop“. E come dare torto alla conduttrice?
Per quanto la cucina sia ormai diventata una nobile arte, alla scoperta di sapori e combinazioni inedite, fatta di stelle e ristoranti pluripremiati, è comunque una pratica che parte sempre dal basso e tale deve restare proprio perché tale è la sua forza livellatrice. E in tal ottica, la cucina di Benedetta è prettamente quella delle nostre nonne(che lei stessa ha imparato per prima), quella di chi non ha mai avuto grandissime disponibilità economiche ma ci teneva a cucinare per i propri cari prelibatezze utilizzando la vanillina al posto della vaniglia, più cara e proibitiva. Quella di chi con i primi pozzetti del ghiaccio congelava qualsiasi cosa, persino il sapone, pur di fare economia e far quadrare i conti.
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Ed è più difficile trovare estro creativo in questi piccoli gesti che non in una condizione di benessere che, per quanto inconsapevolmente, a volte ci porta a salire sullo scranno senza considerare il contesto sociale in cui il resto del mondo si muove. Anche perché, a meno che non si abbia un piccolo orto con verdure di stagione a km0, un caseificio, un pasticifio o ancora un forno a pietra, tutti – ma proprio tutti – ci affidiamo anche se in misura ridotta alla filiera produttiva e alla grande distribuzione che per sua stessa definizione è massiva, industriale e quindi non del tutto curata o attenta al 100% alla qualità scendendo quindi a compromessi con dei valori che non si possono seguire ciecamente in nome della qualità a ogni costo.
È per questo che, se vogliamo, l’uso della vanillina, del burro, dell’olio forse ‘eccessivo‘ può essere considerato alla stregua di una lotta di classe che passa anche dalla cucina e che trova nelle nonne di tutta Italia le prime pioniere. Per quanta “grassa“, ricca e poco raffinata la ‘cucina della nonna‘ ancora oggi perdura e fa la storia perché è alla base delle nostre tradizioni. Sarà per questo se una parmigiana unta e bisunta o ancora una fumante Gricia che sprizza olio da tutti i pori sono piatti apprezzatissimi in tutto il mondo? Basta, infatti, recarsi nelle osterie romane o in quelle siciliane per comprendere quanto un piatto possa essere delizioso pur utilizzando troppo olio o troppo burro, i nemici giurati della linea e ora anche dei gastrofighetti.
Parole di Karola Sicali
Appassionata da sempre di politica, cultura e società, dopo la laurea magistrale in lingue per la cooperazione internazionale e un master in giornalismo col Corriere della Sera, ho deciso di fare della mia passione un lavoro, mettendo nero su bianco tutti i principali eventi internazionali e fatti di cronaca.